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niuno [ni-2no o nL2no] agg. e pron. — oggi sinon. antiq. di nessuno; ma in origine forma domin., insieme con la var. neuno [ne2no], nell’uso fior. fino al ’400 (che lasciava nessuno alla poesia, spec. alla più nobile: Dante, Petrarca, ecc.); decaduto in séguito di fronte a nessuno, che si appoggiava al restante uso tosc. e d’altre regioni; infine, con singolare invers., adottato volentieri nella lingua poet. del ’700 e dell’800 in quanto forma ricercata, non più dell’uso quotidiano — tronc. come agg. m. (meno com. come pron.), elis. come agg. f.: niun campo fu mai sì ben cultivato [niuj k#mpo fu mm#i Si bb$j kultiv#to] (Boccaccio); per niun’altra cosa [per niun #ltra k0Sa] (id.); Niun fiata perciò, non sente un zitto [ni-un fL#ta per©0, non S$nte un Z&tto] (Lippi); un peso, del quale non potevo in niun modo liberarmi [um p%So, del kU#le nom pot%vo in nium m0do liber#rmi] (Croce)